La violenza sulle donne non ha colore né religione né cultura. Ha solo un sesso.
Sabato 25 novembre sarà una giornata di cortei, manifestazioni, eventi in tutta Italia e nel mondo per fermare la violenza di cui sono vittime milioni di donne in casa, al lavoro, a scuola, per strada e in guerra.
Da piazza XX settembre alle ore 15 partirà a Bologna il corteo “Libere dalla violenza, libere di scegliere” organizzato dalla Rete delle donne di Bologna a cui aderiscono tanti gruppi, associazioni e reti tra cui il Coordinamento Migranti: “La violenza sulle donne non ha cultura perché esprime una cultura a sé stante, esprime un rapporto di potere che attraversa la società e che si fa valere sui corpi delle donne. Sia essa perpretata dal branco o nel silenzio delle mura domestiche. Ci fa paura, ma è necessario ed è possibile dire con forza, insieme, No.”
Sempre a Bologna video e arte al Palazzo D’Accursio dal titolo “Women in revolt” a cura della Casa delle donne. “Fuori dalla famiglia” è la manifestazione che partirà alle 12 da Largo Argentina a Roma, l’invito dell’assemblea delle donne di Roma è di portare il simbolo di una casa fatta di cartone o altro. In piazza della Loggia a Brescia Arcilesbica e Arci gay nazionale manifesteranno dietro lo slogan “Diverse da chi? “. Mentre a Milano le donne di “Usciamo dal Silenzio” per riappropriarsi della notte stanno preparando “La stazione è donna. Facciamo festa” una sera con musica, arte e video presso la stazione centrale.
Fu un gruppo di femministe latinoamericane e dei Caraibi durante la loro prima riunione a decidere nel 1981 di nominare il 25 novembre “giorno contro la violenza sulle donne” per ricordare la tragedia delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche appartenenti al “Movimento 14 giugno” contro il governo dittattoriale di Rafael Trujillo (1930-1961) nella Repubblica Dominicana. Minerva, Patria e Maria Teresa furono stuprate, orribilmente massacrate e uccise in un agguato lungo la strada dopo una visita ai mariti in carcere nel 1960. Nel 1999 le Nazioni Unite confermano questa data “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”. Già nel 1992 il Comitato della Cedaw (Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne del 1979) sancisce a livello internazionale il diritto delle donne ad essere libere dalla violenza adottando l’articolo per cui la violenza sulle donne diviene “una forma di discriminazione”. Ma il protocollo non è stato ancora ratificato da molti paesi: conferma Amnesty International che ha lanciato la campagna ““Mai più violenza sulle donne”. In www.amnesty.org è possibile firmare appelli tra cui quello urgente per le donne in Sierra Leone o quello al Primo Ministro francese. Perché ancora moltissimo deve essere fatto dai governi, dalle istituzioni, dalle organizzazioni internazionali, dalle associazioni, dalla società civile e dalle persone singole di ogni paese: donne e uomini. A dire questo sono tutte le donne: quelle impegnate da decenni nelle pratiche di genere e non violenza in vari ambiti della società, quelle che hanno subito e subiscono violenza, le precarie, le disoccupate, le donne in carriera, le casalinghe, le mamme, le adolescenti, le bambine, le donne immigrate. Perché il diritto alla inviolabilità del proprio corpo riguarda tutte. E’ uno scenario più che allarmante quello che appare dai dati del Rapporto Onu su 58 paesi presentato in ottobre (vedi sul sito) per l’enorme discriminazione e inciviltà che continua a persistere, ancora nel 2006, nei confronti della donna. Lo stesso si può dire guardando le statistiche che emergono da indagini nazionali ed europee, e soprattutto per i fatti di cronaca che ogni giorno fanno esplodere la tragicità del fenomeno e l’urgenza di trovare dei percorsi culturali, sociali, politici per prevenirlo e fermarlo. I numeri testimoniano come nella maggioranza dei casi i colpevoli siano da ricercarsi in famiglia, tra i parenti, gli amici, i conoscenti delle donne. Nel rapporto “L’omicidio volontario in Italia” del 2005 curato da Eures e Ansa emerge:“Un omicidio in famiglia ogni due giorni in Italia: in 7 casi su 10 la vittima è una donna e in 8 su 10 l’autore è un uomo”. A settembre pubblicamente su “Il manifesto” e “Liberazione” anche gli uomini hanno per la prima volta insieme detto “no”. L’appello: “La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini” ora nel sito www.universitadelledonne.it è nato in seguito all’esigenza di alcuni gruppi in varie città italiane, di riflettere e interrogarsi sulle problematiche di genere che da sempre esistono nella relazione uomo-donna e quelle nuove, postmoderne dove da un lato la donna è diventata a tutti i livelli sempre più libera e indipendente minacciando le sicurezze dell’uomo, mentre dall’altro la sua immagine è sempre più mercificata.
Appuntamento a sabato 25 a Bologna: non mancate!