... Pensiamo a cosa era il lavoro nell'epoca industriale. Il lavoratore era una persona giuridica, un individuo, un corpo che prestava il suo tempo (otto, nove, dieci ore quotidiane) al capitale perché esso potesse succhiarne quanto più valore possibile. Ma la persona è portatrice di diritti politici e sindacali, e il corpo fisico è mosso da pulsioni, da istinti, desideri, debolezze.. In una lotta-trattativa ininterrotta il capitale e il lavoro confliggevano, si accordavano e stabilivano regole. Si riconoscevano diritti, si stabilivano modalità di rapporto giuridico e sindacale. Il corpo fisico del lavoratore aveva diritto al riposo, all'assistenza, alla cura, alla pensione.
Quando il processo di produzione si trasforma in rete digitale, quando l'atto produttivo diviene erogazione di atomi di info-lavoro omologati secondo un principio di modularità e di ricombinazione, a quel punto non c'è più nessun bisogno della persona giuridica del lavoratore, né del suo corpo fisico.
Nella rete globale non ci sono più persone che prestano tempo-lavoro, ma un mosaico infinito di frammenti ricombinabili e cellulari.
Un vero e proprio brain-sprawl, una distesa illimitata di attività nervosa in attesa di essere mobilitata cellularmente e provvisoriamente salariata. Il processo produttivo globale appare tendenzialmente come un oceano di frattali ricombinanti cellularizzati. La persona non è che il residuo irrilevante, intercambiabile, e di conseguenza non può rivendicare più alcun diritto, né può identificarsi come singolarità. Per definire questa forma del processo di lavoro possiamo parlare di schiavismo cellulare.
Perché il processo di lavoro possa essere assorbito entro la sfera dell'evoluzione connettiva occorre che esso si depuri delle sue residualità meccaniche di manipolazione materiale, per divenire pura e semplice ricombinazione di informazione, dispendio ricombinante di energia nervosa. L'atomo di tempo di cui parlava Marx è il vero elemento base della produzione di valore.
Ma nella sfera industriale meccanica l'atomo di tempo era sporco, incrostato dalle impurità della materia lavorata, e della materia organica di cui era costituito il corpo fisico, mortale deteriorabile e reattivo del lavoratore. La mentalizzazione del lavoro apre invece la possibilità di eliminare ogni impurità, ogni scoria di materialità, di differenza, di imperfezione.
La catena di montaggio della fabbrica taylorista del Novecento presupponeva una serie di passaggi di disciplinamento del lavoro vivo: l'analisi dei movimenti, la loro semplificazione e sincronizzazione. Il processo di astrazione del lavoro, durante il quale il gesto lavorativo perde ogni referenza alla sua funzione concreta, alla sua specificità di sapere e di socialità si svolge storicamente attraverso questi processi di disciplinamento tecnico del corpo al lavoro. Ciononostante, nella sfera industriale era necessario mantenere l'integrità di un corpo nel tempo, e l'identità politica di una persona nella sfera giuridica.
La digitalizzazione rappresenta un salto di qualità nel processo di semplificazione standardizzazione e sincronizzazione della gestualità produttiva: questa diviene pura e semplice ricombinazione di differenze binarie. L'informatizzazione digitale rende possibile la fluidità del processo esteso di ricombinazione a-soggettiva di informazioni che non hanno funzione di significare il mondo o di rappresentarlo, ma hanno la funzione di generarlo, in quanto mondo di sintesi: la Rete.
Per poter essere messo in rete nel brain-sprawl del lavoro ricombinante, il tempo della mente deve essere depurato dei suoi caratteri di singolarità, compatibilizzato con il tempo di ogni altra mente connessa, e dunque formattato secondo un codice di traduzione universale. Per questo credo che sia legittimo parlare di una vera propria riformattazione della mente umana (attività mentale) come effetto ultimo della mutazione psichica, cognitiva e tecnologica dell'epoca contemporanea.
Negli ultimi decenni la scuola e l'università sono state trasformate in strutture di trasmissione uniformata di competenze di base standardizzate per rendere possibile un fluido interfacciamento con la macchina produttiva e per una inter-operabilità ricombinante. Le asperità (differenze culturali, storiche, estetiche) debbono essere progressivamente cancellate, uniformate, rimosse. La formula del 3+2 che sta alla base della riforma che uniforma a livello europeo (e mondiale) i processi di formazione universitaria, ha proprio questa funzione.
Ma altrettanto importante nel processo di riformattazione è il ciclo farmacologico. La mutazione comporta patologie, sofferenza, disturbi della comunicazione e disagio dell'esistenza.
Il sistema nervoso è sottoposto ad uno stress senza precedenti e questo non può che provocare patologie di massa. Patologie dell'attenzione, dell'immaginazione, patologie della memoria e dell'emozione. La psicofarmacologia interviene a ristabilire una fluidità laddove questa è messa in pericolo dal deragliamento psicopatico. E la psicofarmacologia mobilita le energie psichiche del lavoratore cognitivo. Nella fase di costruzione della rete digitale il lavoratore cognitivo viene indotto a considerarsi imprenditore di se stesso, e deve continuamente correre lungo gli impervi sentieri dell'imprevedibilità esistenziale senza mai perdere la convinzione di essere sull'onda. Il boom della new economy alla metà degli anni '90, e la dotcommania che si diffuse negli anni dell’alleanza tra lavoro cognitivo e capitale finanziario, non si possono dissociare dalla prozac economy. Le benzodiazepine sorressero lo sforzo di milioni di lavoratori precari nella corsa verso il successo imprenditoriale. E il dotcomcrash che colpì il sistema produttivo globale all'inizio del nuovo millennio non può essere dissociato dal collasso psichico che al passaggio del millennio colpì l'organismo collettivo in stato di elettrocuzione permanente: prozac-crash.