«Non servono tempi. Ma luoghi»

Lo ha detto senza troppi giri di parole: «Io con questa manifestazione non sono d'accordo. Le donne non devono parlare troppo, se il marito le mena fa bene. E poi, tanto, vanno dai carabinieri per accompagnarsi a qualcun altro. Dunque...». Tiziana Dal Pra, fondatrice del centro interculturale Trama di Terre di Imola, non ci ride su ma non è neanche sconcertata quando racconta questo episodio, non certo il primo, avvenuto qualche tempo fa nel centro proprio mentre a tavola si discuteva del corteo contro la violenza sulle donne che si svolgerà oggi a Roma. La ragazza che ha pronunciato quelle parole è la prima rom - di nazionalità rumena - che viene ospitata negli appartamenti di Trama, dove da qualche anno ormai è in piedi un progetto in collaborazione con i Comuni limitrofi per ospitare donne straniere vittime di violenza o che hanno bisogno di un inserimento lavorativo. «Lei è una donna fantastica, fortissima, una madre eccezionale - racconta Tiziana - che è stata capace di sbaragliare tutti gli stereotipi delle altre donne ospiti negli appartamenti. Sai, con tutto quello che si dice sui rom, il primo impatto non è stato facile. Però, parlando con lei, ti rendi conto di come sia complicato leggere la realtà in un altro modo se non hai mai avuto un possibile e alternativo strumento di lettura. Io sono stata zitta. Ma mi è piaciuto vedere come sono saltate su le altre donne: ma come fai a dire questo? Le hanno detto. Non ti rendi conto dell'esempio che stai dando alle tue bambine, a cui vuoi tanto bene?».
La donna rom non salirà sul pullman organizzato da Trama per domani, e non sarà l'unica. Alla fine ha accampato scuse di lavoro, di carattere religioso, e varie. Ma è comunque rimasta perplessa dalla reazione delle altre. Si è messa a pensare. E questo, dice Tiziana, è fondamentale. Può sembrare banale, ma non lo è: «Sono stufa di chi dice che "bisogna rispettare i tempi delle migranti". Sia chiaro, non voglio essere fraintesa. Certo che i tempi ci sono, altrimenti posso prendere lei, come altre che hanno scelto di non venire, e infilarle nell'autobus. Quello che voglio dire - spiega Tiziana - è che bisogna dire "stai sbagliando". Bisogna dire chiaro e tondo da che parte sta la ragione, senza mezzi termini. Solo così si crea la braccia, da cui passa la consapevolezza».
Su questo punto le donne di Trama battono e ribattono da anni ormai. Dal 7 al 9 dicembre festeggiano dieci anni di attività che un convegno il cui titolo è tutto un programma: «Il multiculturalismo fa male alle donne?». Ma il loro non è un becero attacco frontale alle culture e alle religioni. Tutt'altro. Anche perché sono le prime a riflettere su molti altri vincoli che legano le donne straniere: tutte quelle che, ad esempio, oggi non saliranno sul pullman di Trama perché legate a filo doppio al lavoro di cura. Che non consente orari né libertà. O quelle che non hanno reddito, neanche i cinque euro per il viaggio chiesto come contributo dal centro interculturale, e quindi devono chiedere il permesso al marito. Neanche ci provano. Sanno che sarebbe un no. E sono convinte di non poter fare altrimenti.
Ma per fare breccia ci vogliono «i luoghi». E in Italia, purtroppo, non sono molti. Per le donne stranieri ci sono posti di servizio, oppure di assistenza contro la violenza, altri ancora di origine comunitaria, raramente legati al mondo politico e sindacale. Ma sono pochissimi quelli veramente interculturali e basati sul pensiero della differenza di genere. «Posti dove nessuno ti chieda chi sei, di che religione sei. Luoghi per le donne, per raccontare il proprio vissuto, ma anche per risolvere insieme problemi concreti. Solo in questo modo è possibile cominciare a parlare di "diversità" culturale, e anche di quelle diversità solo presunte», dice Sanaa Elorch, 23 anni, marocchina, una delle animatrici di Trama. Luoghi che, come sottolinea Sanaa, hanno, pur senza cercarlo, anche un altro fondamentale ruolo. Quello «di "fare paura" agli uomini. Qui a Imola gli uomini sanno che c'è un posto che protegge le donne, ma che è anche riuscito a ricavarsi un'autorità dalla propria capacità di dialogo». Ci fanno i conti.