DOPO L'ACCORDO DI LUGLIO
L'UNICA STRADA È LA MOBILITAZIONE!
Lo sciagurato accordo Governo-Confindustria-Sindacati su pensioni, welfare e competitività del 23 luglio non è in vigore, per diventare legge deve essere collegato alla prossima Finanziaria. Possiamo discuterne e capirlo. Possiamo mandare un segnale forte. Possiamo fermarlo con la nostra lotta.
ASSEMBLEA PUBBLICA
MARTEDI' 2 OTTOBRE ORE 21
VAG – Via Paolo Fabbri 110
TANTI MOTIVI PER DIRE NO
Scheda informativa sui contenuti dell'accordo del 23 Luglio
PENSIONI
Si porta l’età pensionabile a 62 anni, con 35 di contributi, o a 61 ,con 36 di contributi, a partire dal 2013. Chi ha 40 anni di contributi continuerà a uscire con le “finestre” e anche chi ha la pensione di vecchiaia dovrà aspettare le “finestre”. Così la pensione di vecchiaia delle donne sale oltre i 60 anni e quella degli uomini oltre i 65.
Il miglior trattamento per chi fa lavori usuranti si rivela una beffa: non più di 5.000 lavoratori all’anno saranno inizialmente esentati dallo scalone, ma poi dovranno andare in pensione con almeno 58 anni d’età e 36 di contributi. Chi non rientra nella quota prefissata e chi è andato a lavorare giovanissimo e ha fatto lavori usuranti e faticosi, dovrà lavorare comunque più di 40 anni, perché non gli verrà riconosciuto alcun diritto.
Si peggiora la riforma Dini sui coefficienti, che verranno tagliati a partire dal 2010 del 6-8%. Da allora ogni tre anni verranno rivisti automaticamente al ribasso, con una specie di scala mobile a rovescio. La commissione tra le parti potrà solo, entro il 2008, decidere le esenzioni. Il limite del 60% per le pensioni più basse dei precari è solo un’ipotesi di studio.
A partire dal 2011, se non saranno fatti risparmi a sufficienza con la ristrutturazione degli enti previdenziali, aumenteranno ancora i contributi sulla busta paga dei dipendenti e per i parasubordinati.
Vengono leggermente aumentate le pensioni più basse e l’indennità di disoccupazione, utilizzando i soldi del “tesoretto”, cioè le tasse in più pagate in primo luogo dai lavoratori, che ammontano a oltre 10 miliardi di euro. Di questi 10 miliardi solo 1,5 miliardi tornano a una parte dei pensionati e dei disoccupati.
MERCATO DEL LAVORO E COMPETITIVITÀ
Vengono scandalosamente ridotti i contributi pensionistici per le ore di straordinario. Così si crea maggiore disoccupazione e si danneggia anche il bilancio dell’Inps (mentre dicono che non ci sono i soldi per cancellare lo scalone…)
Viene confermata la Legge 30 e con essa tutta la legislazione che in questi anni ha reso legale e diffusa la precarietà del lavoro, a partire dal Pacchetto Treu. Resta anche il lavoro interinale a tempo indeterminato (staff leasing). I contratti a termine potranno durare anche oltre 36 mesi, senza alcun limite, con procedure conciliative fatte presso gli uffici del lavoro con l’"assistenza" dei sindacati confederali. Nessun limite per i contratti interinali e per tutte le forme di lavoro precario. Nella sostanza i lavoratori potranno subire all’infinito il succedersi dei vari contratti precari.
Nessuna regolamentazione nemmeno per gli appalti e i sub-appalti, attraverso i quali le grandi aziende, pubbliche e private, aggirano i diritti dei lavoratori.
Si riducono le tasse sul salario variabile aziendale, a condizione che esso sia totalmente flessibile, cioè possa esserci o non esserci. Nulla si fa sugli aumenti dei contratti nazionali e sul salario garantito su cui, anzi, cresce la pressione fiscale.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Si migliora l’indennità di disoccupazione, ma si rischia un drammatico peggioramento della cassa integrazione che, annuncia il protocollo, nel futuro potrà essere trattata come l’indennità di mobilità e cioè diventare una vera e propria anticamera del licenziamento. Infatti il lavoratore in casa integrazione che dovesse rifiutare una qualsiasi proposta di occupazione, anche a 50 chilometri dal suo posto di lavoro, rischierebbe di perdere la cassa integrazione.
Si rilancia il ruolo degli Enti bilaterali tra sindacato e aziende, per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro. Una scelta cheaumenterà i già enormi conflitti di interessi nei sindacati confederali, costringendoli a "scegliere" tra la tutela dei diritti dei lavoratori e la certificazione dell’assunzione.
Ai giovani precari che perdono il posto di lavoro invece che garantire continuità di reddito e diritti, si dà la possibilità di farsi prestare dei soldi a tasso agevolato. Soldi che comunque dovranno essere restituiti, magari quando si è ancora disoccupati.
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