ANCORA FEMICIDI IN EMILIA-ROMAGNA
Secondo i dati raccolti dal Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna si tratterebbe del quarto femicidio in regione nel 2016
Bernadette Fella, 55 anni, è stata uccisa dal suo convivente Armando Canò, a Modena. Stando alle testimonianze raccolte, da tempo la donna era maltrattata dall’uomo, e aveva informato della situazione anche le forze dell’ordine.
Il 24 giugno scorso a Piacenza, Simona Rossi, 50 anni, è stata uccisa dal marito, Davide Giuliani, che poi si è tolto la vita. Sono ancora in corso le indagini ma è stato confermato che la donna è stata uccisa dal marito e tutto farebbe pensare a un caso di femicidio.
Se questa ipotesi venisse confermata, i due casi farebbero salire a quattro il numero di femicidi in regione nel 2016, secondo i dati raccolti dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna.
Le donne continuano a morire in Emilia-Romagna e in Italia, uccise dai loro mariti, compagni o ex partner, secondo una dinamica che spesso vede lui suicidarsi subito dopo aver ucciso lei. La stampa parla di “omicidi-suicidi” ma si tratta di una lunga catena di femicidi in cui le donne vengono uccise per motivi legati al loro essere donne, ovvero per la relazione asimmetrica uomo-donna, che vede quest’ultima privata del diritto all’autodeterminazione, alla libertà di scelta, alla vita. Spesso infatti le donne vengono uccise perché vogliono lasciare i loro partner e il troncamento della relazione non viene accettato dagli uomini.
Le donne continuano a morire e nel frattempo i centri antiviolenza, veri presidi attivi nel contrasto della violenza di genere, continuano ad avere vita difficile nel nostro paese. A Roma, in questi giorni, il servizio comunale SOS Donna al Casale Rosa di via Grotta Perfetta ha chiuso i battenti. Le operatrici della cooperativa BeFree che lo ha gestito in questi anni hanno riconsegnato impotenti le chiavi al Comune.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime la sua solidarietà alla cooperativa BeFree e invita le istituzioni e la società civile ad assumere un impegno concreto per fermare la violenza sulle donne.
Lunedì 27 giugno è iniziato in Commissione istruzione e cultura della Camera dei deputati l’iter sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. Finalmente il parlamento discuterà di prevenzione della violenza maschile sulle donne e non soltanto di leggi punitive e “securitarie”. L’educazione al genere e all’affettività sin dalla infanzia è uno strumento importante per decostruire gli stereotipi di genere e i presupposti culturali alla base della violenza sulle donne. L’augurio è che si persegua sempre più su questo doppio binario: fondi ai centri antiviolenza e corsi di educazione al genere e all’affettività nelle scuole. Perché i meccanismi della violenza vanno smontati alla radice.