8 marzo 2016: vecchie lotte e nuove sfide per le donne in Emilia-Romagna e in Italia
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna celebra la Giornata internazionale della donna diffondendo i dati relativi al 2015
La Giornata internazionale della donna si pone, anche quest’anno, come un’occasione per riflettere sullo stato dei diritti delle donne nel nostro paese. Quali sono le lotte del presente e le sfide per il futuro delle donne italiane, all’alba di questo 8 marzo 2016?
In Italia il femicidio continua a essere una piaga sociale che vede uccisa dalla violenza maschile circa una donna ogni tre giorni. In Emilia Romagna, nel 2015 ben 6 donne sono morte uccise dai loro partner ed ex partner.
Il femicidio è l’apice di una lunga serie di violenze, forme di discriminazione e disuguaglianza che le donne si trovano a vivere e sperimentare. Recente è l’inasprimento della multa per il reato di aborto clandestino varato dal Consiglio dei Ministri il 15 gennaio scorso: le nuove norme prevedono, per la donna che ricorre all’IVG entro i 90 giorni, una multa fra i 5mila e i 10mila euro. La sanzione puramente simbolica prevista dal precedente articolo 19 della legge 194, che consisteva in sole 51 euro, viene così snaturata e sostituita da un provvedimento che punisce solo le donne in un paese, l’Italia, dove le condizioni di accesso all’interruzione di gravidanza sono difficili quando non impossibili, dato che l’obiezione di coscienza per medici e infermieri si aggira intorno al 70%.
L’Italia resta, inoltre, un paese privo di una chiara strategia governativa per contrastare la violenza sulle donne. Mentre si aspetta l’approvazione di un Piano d’azione nazionale contro la violenza, si assiste purtroppo all’assegnazione dei fondi ministeriali a soggetti che non hanno i requisiti per essere definiti centri antiviolenza e non operano con le metodologie specifiche che i centri hanno messo a punto in venti anni di lavoro sul fenomeno della violenza. La cattiva gestione dei fondi, oltre a implicare un non riconoscimento a livello istituzionale della professionalità delle operatrici dei centri antiviolenza, toglie risorse a una realtà già difficile e problematica a tutto scapito delle donne.
Nel corso del 2015, sono state 3353 le donne che si sono rivolte ai 13 centri che compongono oggi il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna. Rispetto all’anno precedente, il 2014, sono aumentate di 55 unità (+2%). Per la maggior parte (91,1%), si tratta di donne vittime di violenza.
Per quanto riguarda i nuovi contatti, le donne che nel 2015 si sono rivolte per la prima volta a uno dei centri antiviolenza indicati, a motivo delle violenze subite, sono in totale 2410. Rispetto al 2014, subiscono una leggera diminuzione, pari al 2,5%.
Le donne che invece hanno continuato un percorso iniziato in anni precedenti nel 2015 sono state 643, pari al 21,1% di tutte le donne accolte che hanno subito violenza; rispetto al 2014 sono aumentate di 138 unità (+27,3%).
Il leggero aumento nel numero complessivo delle donne accolte è dovuto quindi esclusivamente all’aumento considerevole delle donne in percorso da anni precedenti. Un indicatore della tendenza dei percorsi delle donne a diventare più lunghi rispetto al passato.
Le donne accolte dai centri sono in maggioranza italiane, ma la percentuale di donne straniere è significativa. La presenza delle donne provenienti da altri paesi si attesta sui valori registrati anche negli anni precedenti: le donne straniere rappresentano il 35,6% (840) di tutte le donne nuove accolte che subiscono violenza, le donne italiane il 64,4% (1518). Come sappiamo dalle statistiche regionali, si tratta di una percentuale molto più alta di quella della popolazione straniera residente in regione, che varia dall'8,3% di Ferrara al 14,2% di Piacenza (le donne rappresentano più del 50% degli stranieri residenti, dati ISTAT del 2014). Un risultato che attesta oltre all’accessibilità dei centri come risorsa per queste donne – o almeno per quella parte di loro in grado di muoversi e di comunicare con il territorio – la presenza di una loro forte attivazione nella ricerca di aiuto dentro e fuori le istituzioni.
La violenza non riguarda solo le donne ma coinvolge anche i minori. Nel 2015, le donne con figli/e sono complessivamente 1731, il 77,4% di tutte le donne nuove accolte che subiscono violenza; i figli/e sono 3020. In entrambi i casi si è verificata una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente
Nel 2015, poco più della metà dei figli/e delle donne accolte, il 55,6% (1678), assiste o subisce direttamente atti o episodi di violenza, una percentuale superiore di 5 punti rispetto a quella rinvenuta nell’anno precedente. Un risultato che può dipendere da una più accurata rilevazione di questo dato da parte delle operatrici dei centri e che si presenta comunque in linea con quanto emerso nell’ultima indagine epidemiologica condotta dall’ISTAT sulle violenze contro le donne, in relazione alle violenze assistite dai figli/e delle donne che subiscono violenza.
Le donne ospitate nelle case-rifugio e nelle altre strutture dei centri antiviolenza del Coordinamento regionale, nel corso del 2015, sono state 198, i figli/e 213. In entrambi i casi si registra un aumento di 10 unità, rispetto all’anno precedente. Si mantiene quindi la tendenza all’aumento già verificata nel 2014.
Le donne accolte nel 2015 subiscono in larga maggioranza violenze fisiche (il 66,8%) e/o psicologiche (92,7%). Meno spesso violenze economiche (il 42,8%) ma soprattutto violenze sessuali (il 15,0%). Dati che rimangono pressoché invariati rispetto al 2014.
L’aumento delle donne ospitate, che si registra negli ultimi anni, riflette tanto il numero maggiore di centri che fanno parte del Coordinamento regionale, quanto il fatto che i centri antiviolenza si sono dotati di strutture più numerose e diversificate. In conclusione, i centri in Emilia-Romagna continuano a essere per moltissime donne uno strumento importantissimo per uscire dalla violenza.
Buon 8 Marzo a tutte!
Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna
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