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l'arte come rinvio dell'olocausto
di Bifo , 15 luglio 2006  

... Poi arriviamo a casa il ragazzo spacchetta il pesce lo mette su un
piatto gli getta sopra un po' di sale (e il pesce si eccita tutto e dice:
"ah il sale, come mi piace il sale... mi ricorda qualcosa..."). Poi il ragazzo lo mette sulla griglia e la infila nel forno, e gira la manopola...
Il pesce continua a chiacchierare: "oh signor studente com'è
bello qui, vedo una luce là in fondo... è nuovamente il sole? sento caldo...
caldo..."
Poi la sua voce si fa malcerta, e comincia a cantare una canzoncina,
sempre più flebile, sempre più sconnessa, come Hal di Odissea nello Spazio
quando gli staccano i fili.

"Yakizakana no Uta" di Yusuke Sakamoto è forse il più
bello, certo il più struggente dei filmati di animazione che ho visto a Barcellona alla Caixa Forum, nella rassegna Historias Animadas.
Ma in quasi tutte le opere presentate in questa rassegna mi è parso di
cogliere un tono comune, che forse possiamo chiamare cinismo ironico,
se mi potete passare un'espressione così.
"Place in time" di Miguel Soares racconta milioni di anni dal
punto di vista di un'impassibile cimice insetto organico o forse
tecnetronico mentre l'universo muta intorno a lui.
"Animales de compania" di Ruth Gomes racconta con immagini
feroci e colori da rotocalco una generazione di antropofagi ben vestiti, di giovani belve con la cravatta che corrono corrono corrono per non essere afferrate dal loro simile collega amico amante che subito lo sbrana ferisce uccide mangia con un sorriso terrorizzato e gli occhi dilatati.
Nel bellissimo "Delivery", Till Nowak racconta con colori
malati la marcescenza e il veleno del panorama industriale attraverso gli occhi deformanti di un mutante recluso e racconta il doppio legame del mondo fisico e e della sua duplicazione virtuale e immaginaria.

Non è arte di denuncia. La parola denuncia o la parola
"impegno" (che pure usano i curatori della mostra) non ha più nessun significato quando sei un pesce che si prepara ad esser cotto.
L'arte del ventunesimo secolo non ha più quel tipo di energia, (anche se continua a usare espressioni novecentessche forse per pudore forse per paura della sua propria verità). Gli artisti non cercano più - come potrebbero? - la strada di una rottura, ma cercano piuttosto quella di un equilibrio tra ironia e cinismo che permetta almeno per un attimo di sospendere l'esecuzione.
L'arte come rinvio dell'olocausto?
L'energia tutta si è spostata sul fronte della guerra.
La sensibilità artistica registra questo spostamento senza potervisi
opporre.

Fonte: Rekombinant mailing list
http://www.rekombinant.org

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