Il “giornale immaginario”
di Oreste Scalzone
Sabato 24 febbraio 2007, alle ore 19,30
a Vag 61, via Paolo Fabbri 110
A voce alta, parlando in piedi, in maniera quasi estenuante
Oreste Scalzone proporrà
un’assemblea/giornale immaginario.
Qualche settimana fa, alla notizia della prescrizione dei reati per i quali da 27 anni era esule in Francia, Oreste Scalzone disse:
“Tornerò da pendolare, come i teatranti con i loro carri o come gli agitatori politici di un tempo e tornerò non per cercare rivalse o regolamenti di conti, ma per dare più decibel a battaglie di libertà Io andrò solo, a voce nuda, farò quello che so fare: con un megafono o con le mani a cartoccio, nei teatri, negli squat, nelle università, se mi chiamano, andrò a reclamare libertà.
27 anni fa sono stato tirato via dal mondo, ho lasciato tutto, ma in Francia ho trovato gente straordinaria, lì ho anche un nipotino. In Italia ho delle tombe da vistare, a Merate, a Terni. Non farò il pendolare con due cuori, ma il girovago, il nomade come i guitti di una volta, farò il “Giornale Immaginario”, da Bologna a Parigi passando per Palermo”.
Nei locali parigini, in piccoli teatri e in qualche bistrot, in questi anni Oreste Scalzone ha riproposto il suo “Giornale Immaginario”, un lungo monologo (anche cantato) accompagnato dal suono della fisarmonica. Oreste è un grande narratore, figlio d’un grande narratore e, forse, è anche un attore mancato. Insomma, un artista della parola, prima ancora d’essere un militante politico e uno degli animatori dei movimenti degli anni sessanta e settanta.
Nella sua narrazione potremo sentire cose come queste (da una lettera alla III° Sezione Penale della Corte d'Assise di Milano nel 1986): “Rivendico la mia quasi solitaria e ingrata battaglia di questi anni per una soluzione sociale che realizzi un processo inequivoco di decarcerizzazione e di amnistia. Affermo che l'identità dei miei compagni di oggi, e la mia, ha come cerniere fondamentali una cultura dell'obiezione radicale nei confronti della penalità, l'utopia forte dell'estinzione della prigione, e la concreta battaglia per più libertà/meno carcere. Rivendico come connotato d'identità l'autenticità di un superamento critico del comunismo storico e poltico, e l'attaccamento a quello che, con definizione provvisoria, potremmo forse chiamare comunismo teorico e sociale (o, anche, posizione post-comunista/neo-libertaria). Rivendico un impegno intransigente su un terreno che potremmo chiamare "neo-libertario" - quello sintetizzabile nella formula "più libertà, meno Stato".
Rivendico l'irriducibile ostilità, da un lato a tutte le esperienze statali di rivoluzione, dall'altro alle nuove ideologie, arroganti e dogmatiche, del cosiddetto "neo-liberalismo", che predica la riduzione dello Stato sociale a favore della crescita contemporanea della libertà d'arbitrio dei più forti e dello Stato "legge ed ordine". Ritengo che si sia in presenza, nel mondo d'oggi, di una sorta di "nuovo oscurantismo" - determinato da questa specie di gioco dei quattro cantoni - tra il marxismo fatto Stato, il neo-liberalismo rampante, il montare degli integrismi, la monopolizzazione/requisizione dei diritti dell'uomo (quotati a Wall Street) da parte del Vaticano.
Mi sembra si possa dire che questo neo-oscurantismo si manifesta nel nostro paese nella forma di una impressionante pressione per l'omologazione culturale. Tutto quello che è fuori dei contenuti ideologici delle martellanti e umanistiche campagne promosse dal sistema dei partiti o da centri di potere politico-culturale inter- o trans-partitici, è considerato illegittimo e, in qualche modo, "criminale"”.
Essendo prevedibile l'orario d'inizio ma non quello di chiusura del "giornale parlato" di Oreste, sarà allestito per l'occasione un punto di ristoro con alimenti e beveraggio vario.
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