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Giovedì 15 Giugno dalle ore 18 a Vag61

Presentazione "Da Marx a Matrix"

Presentazione del libro "Da Marx a Matrix" con l'autore Enrico Livraghi

I movimenti, l’homo flexibilus e l’enigma del non lavoro produttivo – ed. DERIVEAPPRODI

Scheda: http://www.deriveapprodi.org/estesa.php?id=237

Il libro

Nell'ultimo scorcio del Novecento, mentre la previsione debordiana della società dello spettacolo si è pienamente realizzata, s'installa al centro della scena mediatica una sorta di mitologia dell'immateriale, intrisa di venature neo-mistiche. Fantasie seducenti, gonfiate ad arte dai media in un clima di neoliberismo rampante: quel clima vede l'irruzione, nella sfera della produzione, delle tecnologie informatiche e sembra segnare la fine dei processi di reificazione. Invece, proprio queste nuove tecnologie riportano in campo la tematica dell'alienazione del lavoro. Non a caso, quasi in parallelo con l'irrompere a livello planetario dei nuovi movimenti sociali, il pensiero più avvertito si accorge che proprio il progetto digitale del tardo capitalismo rimette in gioco il "vecchio" tema marxiano del feticismo, quella teoria ormai considerata da molti una pura fantasia filosofica. Con il consolidarsi del cosiddetto postfordismo viene in primo piano ciò che è ovvio: che la sofisticata macchina digitale non è meno reificante della catena di montaggio fordista. E che proprio il "lavoro immateriale" è il più reificato perché è quello più subalterno alla tecnica e alla "merce immateriale" che produce. Si tratta, allora, di chiedersi cosa avviene quando lo spettacolo della mercificazione globale si riversa con irrefutabile evidenza proprio contro quelle moltitudini di individui "comunicativi" che vivono sulla propria pelle l'esperienza di una generale precarizzazione del lavoro e della vita. Di qui la tesi centrale di questo saggio: per tentare di rispondere a tale interrogativo, il pensiero critico dovrà sottoporsi a un duro lavoro di scavo e di aggiornamento della figura marxiana apparentemente più semplice, in realtà più complessa e indigesta, ossia la figura della forza-lavoro, che contiene in sé tutto il segreto del modo di produzione del capitale.

Enrico Livraghi

Enrico Livraghi ha diretto la rivista di filosofia politica "Metropolis" e ha scritto per "l'Unità", "Cuore", "Duel" (ora "Duellanti") e altri periodici. Tra i fondatori dell'Obraz Cinestudio di Milano, si occupa di filosofia dell'immagine. Collabora con "il manifesto".

un assaggio...

"Il silenzio dei movimenti sociali negli ultimi vent'anni del Novecento si è accompagnato con sconcertante parallelismo allo sviluppo delle tecnologie digitali e alla diffusione delle reti telematiche. Per quasi tutti gli anni Ottanta e Novanta, mentre da anfratti sotterranei si levavano niente più che confusi brusii di quel contromondo che nei due decenni precedenti aveva tentato il suo "assalto al cielo", un cyberspazio in progressiva espansione si stratificava in una fitta ragnatela sul globo terracqueo e trasformava radicalmente le forme della comunicazione e i moduli stessi del linguaggio, investendo fortemente il sistema produttivo e disegnando paesaggi segnati da spinte e da tendenze contraddittorie, eppure aperte agli scenari di un futuro ravvicinato. […] Appare tuttora indecidibile se le tecnologie digitali, che sempre più si allargano e spesso tendono ad autoprodursi, si svilupperanno nella direzione di un infospazio multi/verso, abitato da spinte alterne e governato da generazioni di liberi individui socializzati, oppure precipiteranno ancor più nel sistema uni/verso della sussunzione capitalistica, involvendo nelle sempiterne forme del processo di valorizzazione. Resta il fatto che in un certo punto dello sviluppo tecno-digitale, proprio il potenziale stesso delle macchine informatiche ha giocato agli occhi di sempre più ampie moltitudini – sguscianti via dal solco di tale forbice dicotomica – il ruolo di un gigantesco mezzo di smascheramento delle contraddizioni insopportabili rapidamente generate dal sedicente "ordine" planetario. In realtà, non appena moltitudini di individui hanno ricominciato a fare esperienza del loro essere collettivo, cioè del loro apparire in carne e ossa in quanto persone, in quanto individui sociali, si è visto che il mormorio balbettante, a fatica percepito negli ultimi vent'anni del secolo appena trascorso, non era altro che un'eco sotterranea, mero effetto di un infrattamento carsico dei movimenti alternativi, pronti a riemergere come un fenomeno lavico al passaggio d'epoca, nell'affacciarsi sulla scena di nuovi soggetti, nuove figure sociali, non più occultabili nelle convenzionali categorie sociologiche, né depotenziabili nelle consuete (e consunte) strategie di controllo".

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